martedì 30 ottobre 2012

Fine di un sogno

Mi risuonano in testa sempre le parole di una canzone di Daniele: "... perché le cose non vanno mai come vuoi tu, anzi è più facile che cambino ancora di più...". Mi domando se mi porto sfortuna da sola, o se semplicemente le cose vanno così e basta.

Ho perso il mio bambino. La verità è questa, e non servono giri di parole o mezzi termini...era mio figlio...bello e formato, era il mio Alby-ciccino...il mio sogno più grande. Era e non è più.

Quando ti viene detto "Signora, mi dispiace ma non c'è più battito", il mondo si ferma e sembra di vivere in un incubo. Sentivo la mia voce urlare...incredula e non credevo fossi io. Si può morire  a 37 settimane? Anzi, a 37+3. Sì perché quando vivi una gravidanza bisogna "contare" in settimane o in mesi...farlo in settimane è più "divertente" ogni domenica per noi era una settimana in più. In mesi eravamo a 8 e mezzo.

Alle 21 e qualche cosa i miei castelli sono crollati, i miei sogni, le mie speranze, tutto mandato in fumo. Alle 21 e qualche cosa urlavo di disperazione, urlavo il mio dolore. Non bastava l'abbraccio di Andrea, non bastavano le parole di conforto delle persone presenti. Ero io distesa su un tavolo operatorio con il freddo che caratterizza quelle stanze, un lenzuolo, mezza nuda, e la mia testa che continuava a mandarmi messaggi del tipo "non è possibile", "non sta succendendo a noi". E invece sì. Non è vero che le cose accadono solo agli altri, a volte le cose ci colpiscono proprio in faccia ed è inutile cercare di evitarle, a volte "gli altri" siamo noi.

Le ore che sono seguite sono confuse...annebbiate dal dolore. Mi sentivo un oggetto in balìa degli eventi, "scendi da qui", "mettiamoci un pannolone", "siediti sulla sedia a rotelle", "devi andare in bagno?" "domani induciamo il parto, è meglio sai? Il tuo utero è già pronto, e poi hai già un po' di contrazioni, sarebbe la cosa migliore" "ecco, firma qui". "Facciamo un tranquillante alla signora, e ora prova a riposare che domani devi avere le forze". "Cominciamo domani alle 4:30".

Abbracci con Andrea, stretti da togliere il fiato... un dolore lenito e offuscato da quell'iniezione piena piena di Valium. Ho dormito dalle 3:00 alle 3:20. Almeno stando all'orologio che era appeso in alto alla mia destra. Ho passato la notte a contare i pannelli del soffitto e a vedere quale strana "asimmetria" avessero utilizzato per mettere le lampade...odio le asimmetrie, una stanza profonda 9 pannelli.
Ho passato le ore con la mano sulla pancia...per avere ancora un contatto con lui. Contavo i minuti che mi portassero alle 4:30...volevo solo che tutto finisse in fretta. Se così era scritto nel famoso "disegno divino", che almeno finisse presto. Pregavo il mio corpo perché collaborasse a far sì che entro la mattinata tutto volgesse al termine...volevo andare a casa, scappare dall'inferno.







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