Si dice spesso, e non si fa mai.
Oggi mi sono arrivati i kit di Ciao Lapo. Li avevo chiesti a Claudia per poterli portare in ospedale, e al consultorio. Sono kit informativi fatti per spiegare ciò che la gente non sa, in particolare per aiutare il personale medico a sostenere le coppie a cui accade di perdere un figlio, sia questo nel primo, nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza. Sono parole scritte da chi ha vissuto... e vuole aiutare chi purtroppo sta vivendo. In particolare consiglio a tutti di leggere il sogno infranto.
Se le ostetriche dell'ospedale in cui è nato Alby avessero letto questo materiale probabilmente mi avrebbero fatto tenere in braccio mio figlio per più di 10 miseri secondi. Rispetto ad altre esperienze lette sono stata fortunata, perché ho incontrato una grande umanità nel reparto di ostetricia, ho incontrato rispetto, affetto e calore. Ma nessuno ha proposto di fare una foto ad Alby, o altro...
E allora che questo non accada più. Proprio oggi Fausta mi diceva che qualche giorno fa è successo alla figlia di un'amica di perdere il figlio prima della nascita. Se succede ora, se ne parla. Prima era tabù. Perché non si parla di queste morti? Perché si omette o si cerca di dimenticare? È così brutale da meritare questo? Sono esistenze lampo, fugaci che meritano il ricordo. Meritano di essere vive nei ricordi. E soprattutto meritano rispetto.
Proprio ieri Elle mi ha suggerito un post bellissimo di una sua amica che vi invito a leggere (lo trovate qui).
Oggi ho preso un the nella camera di Alby, seduta sulla poltrona, quella con il cuscino con una farfalla che avevo comprato apposta per essere lì, per le "poppate" notturne. Ho messo anche la lampada che avevo comprato e che ancora non avevo messo in camera. Ed è stato bello. È stato come vivere qualcosa che pensavo di non vivere più, è stato diverso da quello che speravo, da quello che avevo immaginato, ma è stato bello lo stesso.
A Praga ho comprato un peluche di stoffa a forma di gatto (ovviamente), l'ho messo in camera di Alby, accanto all'orsetto. L'ho comprato per il mio bambino. Ho comprato anche una targa colorata con una scritta in ceco e due gattini colorati... pensavo ci fosse scritto tipo "Attenti ai gatti", tornata in Italia e con l'aiuto di google traduttore ho scoperto che c'è scritto "camera dei bambini"... Ho messo via la targa, in attesa di tirarla fuori quando sarà il momento.
Ci sarà un momento per tutto. Ora è il momento della consapevolezza e dell'informazione.
Si ha meno paura di ciò che si conosce, sia questa un'amica incinta, una poltrona pensata per allattare, una targa da appendere, o un abbraccio da dispensare a chi ha bisogno, nel momento di vero bisogno.
La morte fa meno paura se si conosce vivendo senza paraocchi.
Vita e morte vanno insieme, come suggeriscono le statuette di Jizo messe in un giardino dove giocano altri bimbi.
RispondiEliminaPer gli occidentali è meglio nascondere la morte, specie quando avviene prima della nascita, quasi a voler evitare di "macchiare" una cosa candida come la nascita di un bimbo.
Ma così facendo si nasconde anche chi se n'è andato, non si protegge chi viene e chi resta.
Quelle vite sono così importanti per chi le amate e le ha conosciute che diventa doloroso non solo affrontare la perdita ma anche rapportarsi con il silenzio.
Per noi la consapevolezza è arrivata tutta insieme, non so se non ho paura della morte, so però che può arrivare anche quando sei vita dentro e fuori.
Ti ringrazio per aver distribuito il materiale di CiaoLapo.
La tua immagine sulla poltrona è di una tenerezza indicibile.
la storia delle statuette mi ha commosso nel profondo. La morte di un bambino qui da noi è davvero "qualcosa da nascondere", di cui "non parlare", ma non è giusto, non lo è perché si nega una parvenza di esistenza per chi è stato ed è nei nostri cuori. Ti abbraccio amica mia, oggi più forte di ieri
EliminaNella tua quotidianità sei molto forte e di sicuro dalla vita avrai ciò che più desideri. Quello che ti e' stato tolto non è giusto!!!
RispondiEliminanon lo so se sono forte, di certo spero di poter realizzare qualcuno dei sogni che avevo... come quello di usare la poltrona e l'orsetto... grazie piky!
EliminaSilvia mi hai commossa...come mi hanno commossa quelle statuine, nei momenti di fragilità parlare e tirare fuori il dolore ti da la forza di trovare la consapevolezza che cerchi e che ti aiuta a rialzarti.
RispondiEliminaUn abbraccio immenso...
notte
Kiki
Ricambio il tuo abbraccio. A me aiuta molto scrivere e buttare fuori tutto... è un percorso che mi sta aiutando molto questo, e sento che ora ha cambiato ancora forma... come me.
EliminaSapevo dell'associazione. Il tuo esempio e quello di Elle mi lascia senza parole. Dovremmo tutte, madri e no, madri dei bimbi nati e di quelli nati altrove, parlare della morte con più familiarità, aiutare a non farvi sentire sole, a farvi sentire i vostri figli vicini, senza paura di ferire di piu
RispondiEliminaÈ vero Raffaella. Invece non se ne parla... proprio qualche giorno fa qui a Terni è accaduto a un'altra donna... e lo sono venuta a sapere da diverse "fonti", come a dire "è accaduto anche a tizio sai?", Come a "classificare" un genere. Siamo "rari esemplari materni" purtroppo... speriamo che all'ospedale non si offendino quando porterò loro il kit informativo...
EliminaOffendano!! Stasera in tv facevano fantozzi...ahahah
EliminaPerche' non sapevo nulla della tua storia? Eppure ti avevo letta qualche volta. Mi dispiace, Silvia. Ti abbraccio forte.
RispondiEliminaTranquilla!! Un abbraccio a te
EliminaGrazie per questa condivisione. Dobbiamo davvero poter parlare liberamente di morte ed infrangere i tabù che circondano questa mediocre società.
RispondiEliminaIo non ho paura di parlare di mio figlio Paolo che ha trascorso solo 15 giorni su questa terra...ne parlo perchè lo sento vicino a me tutti i giorni è il primo pensiero della mattina e l'ultimo prima di andare a dormire...ma del resto noi avendo vissuto questa esperienza abbiamo imparato a vivere in una dimensione dove i sentimenti sono espressi all'ennesima potenza....♥
Angelina Mamma di Paolo