martedì 4 dicembre 2012

Giorno 40

Ho freddo addosso, nelle ossa, nel profondo. Abbiamo messo la lapidina di Alby. Ora nella cappella c'è il suo nome stampato, con i fiorellini e la farfalla. L'ho fatta mettere esattamente dove sta lui, né più in alto, né più in basso, lì dove è la sua bara, sopra a quella del nonno.

Le margherite che gli avevo portato una settimana fa erano ancora belle, ne ho aggiunte altre rosse e gerbere nuove. Ho tolto i fiori appassiti. Quando Fausta vedrà la mia composizione floreale sono certa che correrà ai ripari...ci tiene molto al modo in cui mettere i fiori e decisamente la fiorista io non potrò mai farla. Il mondo dei cimiteri è un universo che non avevo mai avuto modo di conoscere -per fortuna o purtroppo-. Ho aspettato mezz'ora davanti al cimitero l'omino delle pompe funebri, è arrivato con un furgoncino, mi ha fatto salire "perché dall'ingresso principale non si può entrare", mentre ci recavamo all'ingresso secondario mi ha chiesto di tenere la lapide di Alby, perché non si rompesse. C'era qualcosa di surreale in tutto questo, mi ha chiesto a quale fila dovesse andare, gli ho detto "15?16? non lo so. So che dall'ingresso principale si deve andare verso il WC e poi girare alla 15", così mi ha portato sul viale principale e da lì abbiamo svoltato alla 15... alla fine siamo arrivati, ma l'omino ha detto che la cappella è alla 19. Si passa per la 15 ma è 19. "Grazie omino, la prossima volta saprò dare indicazioni precise". Mi ha detto con fare orgoglioso che c'era lui il giorno del funerale, "ah sì, l'ho messo io! c'ero io quel giorno, ora mi ricordo", mi veniva da ridere...era proprio orgoglioso mentre montava la lapide  "dove la mettiamo? qui? Va bene? " sembrava che stesse mettendo un quadro in una galleria d'arte. Per colpa del freddo aveva paura che "non attaccasse bene", così dopo avermela fatta tenere ferma a me ha preso un bel pezzo di scoth carta per fissarla "tra una mezz'ora controlla che non si muova e poi puoi togliere lo scoth, ora io devo andare". Ciao omino, vai a "creare altri capolavori".

Sono rimasta con Alby per più di mezz'ora, gli ho parlato tanto... ho sistemato i fiori, cambiato l'acqua, pulito la cappella, pianto, ascoltato il carillon, letto la poesia, riso mentre mettevo quelle gerbere che "sbucano" oltre le margherite. Pensavo che il fatto che sia dentro a una cappella piuttosto che "all'aperto" mi fa stare più tranquilla, mi sembra più protetto, più al sicuro... mentre pensavo questo, pensavo che sono pensieri assurdi...irreali e illogici. Ma forse non c'è logica che possa aiutare ora. Sulla lapide di Alby non ho voluto far mettere N.M., mentre vicino all'ingresso c'è una lapide di una bambina, Valeria, N.M. nel 1981 "per sempre nel cuore di mamma e papà". Porto dei fiori anche a lei ogni volta... la sua lapide è alle intemperie infatti non c'erano più i fiori della volta scorsa, oggi li ho incastrati sotto una maniglia di ferro.  Quante tombe che urlano l'amore di chi è rimasto... davanti alla capella della famiglia di Andrea ce n'è una che secondo me è un vero e proprio mausoleo, un ragazzo, Maurizio. Ha una vera e propria villa... con tanto di tende ricamate, magliette della juve, lapidi con poesie, foto, addirittura decorazioni di natale compreso un albero addobbato e illuminato che gira. Tante tombe hanno solo un nome dorato a caratteri cubitali, Valentina, Federica, Simone. In una c'è una frase di una canzone "Nessuno, nemmeno il destino ci può separare" scritto su 3 metri di marmo. Queste sono le grida di chi rimane... e non riesce a dare una configurazione e dimensione al dolore. Per fortuna che mi sono limitata...solo un carillon, il peluche del riccio e una poesia. Un nome piccolo messo da una parte. E un amore sconfinato che ci unisce, ma che non si vede...altro che 3 m di scritta... il dolore come ho detto tante volte non si può misurare, ma si può avvertire, e io avverto queste manifestazioni come lampante senso di vuoto da riempire come si può. Ognuno a modo suo. 

Quanto freddo oggi. Fuori e dentro. Ho avvertito ancora una volta quel senso di serenità dopo che sono stata dal mio bimbo...ma sento ancora freddo, sento che è tutto ingiusto. Oggi sono solo 40 giorni...quanti ne dovranno passare perché questo vuoto faccia meno male? Io li conto...ma non basta. La vita da vivere è difficile. 

Oggi andrò di nuovo in piscina, mi sento molto a disagio in questo fisico che mi è rimasto... ieri sera siamo stati con gli amici e con mia sorella e Leonardo, siamo stati bene. Mi ha scritto anche Stefania (di Davide), una lettera molto bella, con parole di chi ti vuole bene veramente e ti sostiene. Stefy, "ce la facciamo", ma quante cicatrici ci rimarranno addosso? 

A volte mi sembra che i giorni siano così pesanti da far passare... aveva ragione Andrea più si va avanti e più diventa difficile sopportare la mancanza, l'accettazione. Le fasi di un lutto, una malattia, un evento da superare sono 5:

Rifiuto, Rabbia, Rimpianto, Depressione, Accettazione. Credo di essere a cavallo della 2 e 3 fase. O della 3 e la 4. La 5 è davvero ancora un po' distante...


Ma poi, si potrà mai accettare quanto è accaduto? Prima di andare via ho tolto lo scoth, la "colla aveva attaccato" per bene. Qualcosa che funziona allora c'è.

2 commenti:

  1. Già, ognuno cerca di "riempire" come può, quando ne trova le forze.
    Per non lasciarsi soffocare.
    Non so se si potrà accettare quanto accaduto, razionalmente non lo accetteremo mai credo, perché non lo capiremo. Credo che quella macchia sul cuore ce la terremo sempre, ma un giorno spero che ci parli molto più di come ora possiamo sentire, spero che ci parli della nostra vita senza lacerarci ogni volta.
    Un bacio Silvia. Anch'io conto i giorni, ma so che non basta.
    Però contiamoli insieme, ché sembrano meno orrendi.

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  2. Sai come la penso... insieme sembra meno dura, meno "salita"...

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